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Vi sarete accorti che sono in pausa da diverso tempo: negli ultimi mesi ho pubblicato a tempo perso qualche post su argomenti rimasti in sospeso, ma non ho davvero messo alcun impegno nelle attività del blog.
La ragione principale è che ho capito che, a voler fare troppe cose, si finisce per non farne nessuna.
Non so se è capitato anche a voi, ma io ho spesso accumulato molti impegni, passando di progetto in progetto senza riuscire a concluderne nessuno.
Credo adesso che sia un modo per sfuggire all’ansia: progettando qualcosa di nuovo, si cerca una via di fuga ai momenti di difficoltà, e ci si prepara un piano B nel caso non si riesca a portare a termine ciò che ci si è prefissati.
Per me, questo vale in particolar modo per la scrittura e funziona all’incirca così.
♠ Comincio un racconto a partire da un’idea, a volte progettandolo, altre volte scrivendo di getto.
♠ Mentre scrivo ne intravedo le potenzialità ancora inespresse e mi vengono nuove idee, che mi affretto a appuntare da un lato per evitare che mi sfuggano.
♠ Poi, proprio quando mi avvicino alla risoluzione del racconto, al punto in cui davvero succede qualcosa di importante, ecco l’ansia: comincio a pensare che forse è inutile andare avanti senza aver chiaro il passaggio precedente, che sarebbe il caso di riscrivere, che alcune non servono, che…
Mi fermo a pensare a tutto questo per due, tre giorni, incapace di andare avanti, fino a che infine non sono così stanca e sfiduciata rispetto al mio lavoro che decido di metterlo da parte per un po’ e passare ad altro.
♠ Così progetto un’altra cosa: un altro racconto, una deviazione inaspettata al romanzo, un post del blog, e ricomincio daccapo, lasciando il racconto precedente in sospeso.
Di solito, fino all’eternità.
I risultati di questo modo di gestire l’ansia sono due:
Da un lato, ci si ritrova sempre oppressi dalle cose in sospeso, incapaci di concentrarsi su un impegno solo e occuparsi delle priorità. Questo provoca una stanchezza mentale praticamente costante.
Dall’altro, si crea un loop da cui è difficile uscire, perché si continua ad applicare la via di fuga saltando da una cosa all’altra, accumulando nel tempo progetti non conclusi, abbandonati a metà strada, apppena cominciati, rafforzando la sensazione di essere incapaci – quella sensazione che ha provocato l’ansia iniziale.
Se tutto questo succede anche a voi, e vi aspettate adesso che abbia una soluzione, devo deludervi: non ce l’ho. E, quel che è peggio, credo che non ce ne sia una definitiva.
Tuttavia, sto cercando di capire meglio il modo in cui funziona la mia testa, per trovare soluzioni creative per aggirare il loop dell’inconcludenza.
Per cominciare, mi sto obbligando a stabilire delle priorità e tenerle sempre a mente.
In questo momento, buona parte del mio impegno (e, di conseguenza, della mia ansia) è rivolto alla tesi, che mi sembra una buona palestra di scrittura perché richiede costanza, ordine ma anche una componente non indifferente di creatività, probabilmente sottovalutata.
Questo significa che l’energia mentale da rivolgere ad altri progetti è per via di cose ridotta, e devo rispettarlo. Credere di potermi dedicare a quattro, cinque cose allo stesso tempo è semplicemente sciocco – e porta ad abbandonare a metà strada cose che ci si accorge solo a posteriori di non riuscire a concludere.
Capire bene questo, ricordarselo ogni giorno, mi sembra un buon passo avanti nella direzione giusta.
Credo poi che semplificare il modo in cui scrivo possa aiutarmi a non abbandonare progetti a metà strada.
Programmare le cose che si vogliono dire, scegliere l’ordine in cui dirle (facendo cose semplici come una scaletta) e poi dirle una alla volta, senza fretta; non pensare di dover per forza introdurle e abbellirle ma andare dritto alla sostanza, usando parole e frasi semplici; dire una cosa alla volta, invece di affidarmi all’ispirazione (che è una cattiva compagnia, e lo avevo intuito già da tempo) e seguire il corso dei miei pensieri.
Su tutto questo sto ancora riflettendo e cercando sistemi che si adattino a me e possano assorbire, anche solo in parte, la mia ansia.
E’ possibile quindi che non scriva post per mesi, proprio per dedicarmi alle mie priorità (che sono già tre, in questo momento, e sono ineludibili).
Mi piacerebbe però confrontarmi su questo tema dell’ansia da scrittura.
E’ una cosa che avete provato anche voi? In che modo cambia il vostro modo di scrivere? Avete trovato modi per affrontarla?
Raccontatemelo nei commenti (o anche in privato, per e-mail, se preferite).
valentinariva93 ha detto:
Mi trovo d’accordo. È poi proverbiale l’inquietudine degli artisti o aspiranti tali, forse proprio perché la mente è piena di pensieri che viaggiano di gran lunga più velocemente del tempo umano, disturbato da sonno, pause pranzo, ore di lavoro e mille altre interferenze. E l’incartamento derivante dal lasciar perdere idee nuove è un po’ come, per dirla in profano, sentire di dover andare al bagno ma doverla per forza trattenere!
Con questa perla ti rinnovo gli auguri per la laurea e spero di riuscire a prenderla anch’io nel frattempo.
Un bacio!
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Daria ha detto:
Trovo la perla quanto mai appropriata, visto che a un certo punto dell’anno scorso ho appuntato un ragionamento molto simile su un quaderno.
Grazie mille, e in bocca al lupo a te (e, se non stai scrivendo, vai a scrivere!). A presto!
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valentinariva93 ha detto:
A chi lo dici.
Non per nulla son finita qui facendo ben altro, con uno zapping informatico di quelli che possono prenderti solo alle tre di notte, quando dovresti essere a letto ma rimani invischiato nelle fila della rete. Con l’unica differenza che è pieno giorno e io mi sono, nuovamente, lasciata prendere la mano.
Ero alla ricerca di riviste letterarie online con cui iniziare una collaborazione. Da lì ai blog delle case editrici il passo è stato breve, per cui via a Stoner, Minima&Moralia e Altri Animali. Doveva essere una semplice rassegna delle sezioni “collabora con noi”, ma perché non fermarsi a “Parola al lettore”? Ho trovato la tua recensione di “Sono il guardiano del faro”, che mi ha incuriosita. Dal momento che la tua foto è un link, ho cliccato con la stessa spensieratezza, dicendomi: “soltanto un’occhiata, un paio di minuti”. Nel frattempo sono andata a pranzo, sono tornata, e sono ancora qui.
Voglio partire col farti i complimenti. Ho letto diversi articoli, non tutti – l’ansia da “non stai finendo quello che avevi iniziato” si è fatta presto sentire – e viva Dio è un blog WordPress, per cui posso seguirti più facilmente.
Poi, voglio tranquillizzarti: la difficoltà a portare a termine progetti iniziati, rifugiandosi continuamente in nuove idee per non dover affrontare il lavoro vero e proprio, è molto più comune di quel che si pensi. È una consapevolezza che pian piano ho maturato anch’io, dispersiva cronica, dalle grandi iniziative ma dal perenne bisogno di aprire più porte di quanto sia umanamente possibile chiudere con due sole braccia.
Penso che, oltre che un problema di ansia, sia anche banalmente una questione di immaginazione. Dedicarsi a qualcosa suscita inevitabilmente stimoli nuovi e rinunciare ad approfondirli o anche solo a fermarli su carta è difficile. Una volta fermati, poi, il gusto della novità prende il sopravvento, una parte del cervello viene distolta dal progetto numero 1 e inizia inconsciamente ad arrovellarsi sul 2, sottraendo energie. È qualcosa su cui dover lavorare, senza dubbio, ma la mia più grande paura è sempre stata quella di esaurire le idee. Finché ce ne sono, ben venga. Per la disciplina c’è tempo.
Con buona pace dell’ansia e dell’insonnia!
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Daria ha detto:
Ti ringrazio tanto della visita, oltre che dei complimenti.
Sono cambiate un po’ di cose – un po’ tante – da quando ho scritto questo post. Capisco bene ciò che intendi quando dici che il timore principale è quello di non avere nuove idee, ma penso adesso, dopo mesi di pausa e di riflessione, che proprio abbandonarle per strada senza svilupparle sia il modo migliore per incartarsi e non trovarne più di nuove, oltre che per farsi prendere dalla mia cara amica ansia. Ne parlerò più diffusamente, credo, quando tornerò a dedicarmi alla mia scrittura – e di conseguenza anche a questo piccolo blog abbandonato.
Poi credo di aver capito che questa inquietudine costante che mi (ci, mi pare di capire) accompagna sia parte integrante del processo di scrittura, e di qualunque lavoro intellettuale: momenti di entusiasmo e momenti di sconforto fanno parte del gioco che ci siamo scelte (o che ha scelto noi, non so dire). Sta a noi domarlo e non lasciarci sopraffare, ma proprio questa energia, una volta ben incanalata, può essere la chiave per produrre qualcosa a cui valga davvero la pena dedicarsi.
A presto!
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Silvia ha detto:
La tematica che hai toccato, si può benissimo trasferire alla vita in generale. Quello che accade con la scrittura accade in ogni aspetto della vita. Io ne sono l’esempio lampante: pensare a tante cose, progettare tante cose, iniziare tanti progetti e farsi soggiogare da cosa? Bassa autostima? Incapacità di agire veramente? La ricerca di una via di fuga, del raggiungimento dell’obiettivo senza però passare per la difficoltà che la fase creativa porta con sé. Io non sono brava forse in niente, ma non perché effettivamente deficiente di qualcosa, ma perché mi blocco prima, prima dell’arrivare al punto di svolta per la riuscita del progetto, qualunque esso sia. Perché non si parla solo di scrittura. Quello che qui, penso sia l’obiettivo primario, l’hai scritto tu stessa: fermarsi e darsi una priorità. L’ho sentito dire tante volte, molte volte me lo sono detta. Forse però, è la prima volta che lo vedo scritto incorniciato dal bianco tra le righe.
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Daria ha detto:
Forse vorremmo fare tutto e finiamo per non fare niente. Oppure riteniamo che siccome non è facile allora non fa per noi.
Ultimamente penso che sia una questione di vigliaccheria. Cioè, non ho mai avuto il coraggio di dire “Sapete che c’è? Io voglio fare questo e basta” e smettere di avere paura.
Non è proprio questo il tema di questo blog, ma come dici tu la questione è molto più ampia. E quello che mi dici mi fa tornare in mente che vorrei scrivere (anche) di queste cose, chissà che non possa essere utile in qualche modo.
(E grazie della visita :))
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elleconzero ha detto:
Sono una lettrice della tua età, qualche volta scrivo (soprattutto recensioni, ma raramente ho delle idee-lampo che mi portano a scrivere anche racconti… niente di serio, niente di programmato, niente che pretenda di far conoscere).
Non so se tu lo abbia letto, in caso contrario ti invito a farlo: L’arte di correre di Haruki Murakami. A me Murakami non piace, però in questa sorta di diario fa comprendere il metodo che sta dietro la sua scrittura.
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Daria ha detto:
Ciao, benvenuta. A dire la verità non amo Murakami neanche io, ma mi è capitato di leggere qualche passaggio di L’arte di correre e in effetti mi ha incuriosito. Mi sa che dovrò proprio leggerlo.
Grazie del consiglio, a presto!
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Daniele Verzetti Rockpoeta® ha detto:
Io scrivo di tematiche sociali sul mio blog e spesso anche in poesia. A volte può capitare che ci sia un attimo di vuoto dovuto ad assenza di ispirazione ma poi lascio andare le mie sensazioni più profonde e trovo sempre qualcosa di cui parlare o in prosa o in poesia sul mio blog. Di solito anche se seguo più progetti non lo faccio per scappare da uno di essi, anzi la mia ansia è trovarmi in assenza di progetti, idee ed ispirazioni.
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quasi40anni ha detto:
Anche a me piacerebbe scrivere di più , specialmente per i commenti che ricevo e l’interazione che ne nasce. Considero il blog solo come un piccolo, vanitoso piacere per la pseudo-da strapazzo scrittrice che è in me…quindi no ansia se di sollazzo si tratta!
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Daria ha detto:
In effetti la gratificazione che viene ad esempio dai commenti è una spinta non da poco a fare di più! 🙂
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Marcello Trombetti ha detto:
Alcune volte non riusciamo a trovare idea e cosi cerchiamo in giro, ma alcune volte non lo facciamo perchè non vogliamo scrivere
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Daria ha detto:
Beh sì, la mancanza di voglia è un altro problema abbastanza complicato, ma mi rendo anche conto che più scrivo più mi viene voglia di farlo, quindi tante volte si tratta davvero di mettersi lì e cominciare 🙂
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